Sarà presentato il 18 maggio al Salone del Libro di Torino il lavoro a quattro mani di Donatella Pau Lewis e Remo Barbaro “Aspromonte e Supramonte – Codice d’onore e Codice Barbaricino – Due codici a confronto” edito dalla rinata casa editrice DBE che, in ossequio alle proprie origini, mantiene la propria sede a Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria.
Indubbiamente una conquista per la stessa editrice , che conferma il suo stile inconfondibile e la sua qualità, e per la città aspromontana che le ha dato i natali , che la ospita orgogliosamente e che per una volta non darà materia a cronache negative, ma farà udire la propria voce in una cornice tanto prestigiosa e cosmopolita come il Salone del Libro di Torino. Indubbiamente un traguardo per i due autori che si sono cimentati in un lavoro non facile, ma avvincente: un’analisi accurata del codice d’onore, che ancora permea tanta antropologia dell’Aspromonte, e dello speculare codice della Barbagia: due facce solari della stessa medaglia mediterranea, due passionali riscontri di una medesima civiltà antichissima e sempre viva malgrado le cronache e la pubblicistica imperanti la vogliano da tanto tempo ormai sepolta.
E’ uno studio accurato , proposto garbatamente sotto forma di conversazione quasi domestica, che con coraggio mette in discussione per una volta tanta retorica che ancora oggi permea di sé la letteratura, la saggistica e il giornalismo sedicenti meridionalisti che continuano a bollare queste due terre, l’Aspromonte e la Barbagia, inzuppate dallo stesso mare e dalla stessa storia, come produttrici cieche di Banditismo e di Mafia , di amore ancestrale per il sangue e la paura, di passione esasperata per per il dominio o il predominio familistico.
Come mi son permesso di scrivere nella postfazione a questo bel libro, tre, in particolare, mi sembrano le innovazioni “rivoluzionarie” con cui fare i conti dopo questa pubblicazione: una di metodo, le altre due di merito.
La prima riguarda un modo nuovo di fare saggistica, elaborato con cura dai due autori che riescono a coniugare critica storica, sociale, antropologia e abilità narrativa in un unico codice comunicativo semplificato al massimo, esponendo con naturalezza punti di vista e dimostrandone il valore in forma discorsiva e non accademica .
La seconda apre uno squarcio su un valore che molti, anzi troppi, finora hanno trascurato: le culture e le società mediterranee non sono soltanto simili, ma posseggono qualcosa di più, un DNA che le accomuna in modo drammatico e sconvolgente . In questo caso l’Aspromonte e il Supramonte, l’enclave calabro e quello sardo ( ma verosimilmente anche i contesti di vita di altre regioni in passato lambite o impregnate dalle stesse civiltà e ridotte nei secoli a terre di rapina) malgrado le differenze sottili, elaboravano e praticano ancora gli stessi codici di comportamento, le stesse forme di accettazione e di reazione dinanzi alla fenomenologia spesso drammatica della vita sociale giocata in contesti naturali a loro volta dannatamente belli e struggenti.
La terza innovazione è poi esplosiva perché questo studio del tutto inedito ed accurato, con decisione e chiarezza, spazza via tanta retorica filoborbonica che negli ultimi tempi sta invadendo persino i manuali scolastici, sulla scia di un’esaltazione molto opinabile di una presunta età dell’oro per il Sud preunitario di fatto mai esistita, almeno nei termini in cui oggi la si vorrebbe fare apparire.
A dimostrare ampiamente questo assunto bastino le pagine chiarissime in cui Brigantaggio e Banditismo vengono analizzati nella rispettiva esatta dimensione di reazione popolare alla situazione subumana in cui la gente era costretta a vivere anche nel periodo preunitario oltre che come forma di resistenza alla progressiva distruzione del mondo pastorale ad opera delle baronìe , delle guardianìe e dell’oppressiva economia latifondista i cui effetti ancora oggi non sono del tutto scomparsi.
Le chiavi di lettura che accomunano le analisi effettuate sul mondo aspromontano e su quello sardo sono tutte micidiali se davvero vogliamo fermarci un attimo a riflettere anche noi su quanto avvenuto ieri e su quanto accade ancora oggi in questo contesto mediterraneo a cui siamo tutti inesorabilmente aggrappati.
Come trascurare, appunto, la sfiducia latente e conclamata nello Stato e specialmente nel sistema giudiziario; il valore e i disvalori della vendetta e la disamina tra ruoli, similitudini e differenze tra le società mafiose più conosciute; la missione e l’atteggiamento della donna nelle società matriarcali ancora oggi vigenti; la tormentosa e tormentata storia ufficiale e quella ufficiosa dei sequestri di persona a scopo estorsivo; i codici d’onore e il loro peso enorme sulla qualità della nostra vita persino nel secolo in cui stiamo vivendo?
A volte fa bene gettare un sassolino nella palude del conformismo, ma questo saggio stavolta mi sembra scateni la forza d’urto di un macigno, rimettendo in discussione tutti i luoghi comuni che per molti decenni sono stati e sono la dannazione del nostro Sud.
Bruno Demasi