sabato 9 aprile 2016

GRATTERI CONTRO IL SONNO DELLA CALABRIA

di Bruno Demasi
   Se vivesse ancora , Gramsci, e ce lo consentisse , adatteremmo il suo detto alla nostra regione, affermando senza tema di smentita che il sonno della Calabria continua più che mai a generare mostri.
   Continua a generare in modo voluto e calcolato quelli dell’immobilismo totale, funzionale soltanto alla sperimentazione di alleanze, ripicche , vendette di politici variamente colorati .
   Continua a tenere in ombra i giochi sottotraccia delle concentrazioni ndranghetistiche che da un pezzo hanno gettato alle ortiche il folklore delle berrette storte e delle lupare per prendere possesso dei gangli e delle persone più insospettabili della società civile.
   Continua a vivere una vita politica parallela a quella della gente comune rispedendo al mittente i fondi europei che non è possibile piegare ai giochi in cui siamo maestri ed oscurando tragicamente i drammi della nostra legalità, della nostra sanità, della nostra scuola, della nostra vita sociale e civile.
   Oliverio, che persino Gioacchino Criaco che inizialmente – con uno sforzo di volontà enorme – aveva voluto credere in lui, definisce come un bradipo, è il prototipo condensato, appiccicaticcio e vischioso che un tempo fece la fortuna della Nestlè, il prodotto magmatico e zuccheroso della condensazione lattacea di intere generazioni di ginocchia calabre impossibilitate a produrre altro, anzi costrette a comprare sempre dagli altri.
   Ma , se andiamo a ritroso, se guardiamo ai governatori che ha espresso questa terra di rapina sociale, forse senza nemmeno saperlo persa com’era e com’è nel suo sonno letargico dal quale ci si sveglia ogni tanto per andare a votare chi ci viene imposto , ci accorgiamo che chi ha preceduto il bradipo Oliverio non è stato mai “sveglio”: dagli Scopelliti, ai Loiero, ai Chiaravalloti, ai Meduri; dai Caligiuri, ai Nisticò, ai Veraldi; dai Rhodio, agli Olivo ai Principe; dai Dominianni, ai Ferrara, ai Perugini e persino ai due “colossi” originari, Ferrara e Guarasci. 

   Tra loro varie espressioni graziose della massoneria calabra, ma anche alcuni inequivocabili burattini dell’antipolitica e dell’antistato; poche, pochissime figure di seria moralità, ma tutti accomunati dal comune denominatore del sonno letargico nel quale si mettono a macerare i problemi, persino quelli più urgenti, per ricavarne quella melma asfissiante nella quale annaspiamo attribuendone la colpa a tutti, cioè a nessuno.
    Una Calabria – mercato –i mmondezzaio – laboratorio di sperimentazione della stupidità elevata a sistema dove si continua masochisticamente ad eleggere a capo del governo regionale persone incapaci di provare vergogna per il disastro politico e sociale in cui versiamo da mezzo secolo e più e oggi cocciutamente decise a continuare a non far nulla, neanche a spostare una sedia, dopo un anno e mezzo di vuoto assoluto dalle elezioni regionali.
    L’unica notizia degna di rilievo dopo tantissimi anni di cafè chantant alla calabrese è la giusta elezione di Nicola Gratteri alla procura di Catanzaro, quello stesso Gratteri che persino lo sgoverno centrale aveva umiliato davanti alla Nazione ritirandone in modo vergognoso la candidatura a ministro. Quello stesso Gratteri che – lo si voglia o meno – è ormai una delle poche, pochissime voci di libertà e della speranza della Calabria e della sua società civile. Quella vera per lo meno!