di Bruno Demasi
Quasi quasi mi dispiace.
La signorina Rosy Bindi , eletta tre anni fa in Calabria, quindi da noi ( è irrilevante chi l’abbia votata o meno), viene oggi orribilmente defenestrata, con una pedata improvvisa , quale presidente della Commissione Antimafia da tale Matteo Renzi di Rignano sull’Arno al quale il coro delle voci grigie del PD italico, diretto da un tale che per meriti senili si riteneva presidente della Repubblica, ha attribuito due anni fa la scarica di premier.
Al posto della signorina Bindi , rea di aver rotto le uova nel paniere al guaglione De Luca e di altre cosette mal digerite da certi esponenti del PD, ma per il resto rispettosissima di tutte le altre uova, comprese quelle di quaglia e quelle di struzzo, lo stesso tale di nome Matteo Renzi avrebbe preferito in sella all’asina di Balaam ancora oggi chiamata Commissione Antimafia un tale di nome Emanuele Fiano. Trattasi di un oscuro personaggio politico assiduo frequentatore di salotti televisivi e non, di professione strenuo smentitore di tutte le timide accuse di tanto in tanto sussurrate da qualche giornalista prezzolato contro il regime in carica, solo per far sembrare che esiste ancora qualche spruzzo di democrazia allo zucchero vanigliato.
La signorina Rosy Bindi , eletta tre anni fa in Calabria, quindi da noi ( è irrilevante chi l’abbia votata o meno), viene oggi orribilmente defenestrata, con una pedata improvvisa , quale presidente della Commissione Antimafia da tale Matteo Renzi di Rignano sull’Arno al quale il coro delle voci grigie del PD italico, diretto da un tale che per meriti senili si riteneva presidente della Repubblica, ha attribuito due anni fa la scarica di premier.
Al posto della signorina Bindi , rea di aver rotto le uova nel paniere al guaglione De Luca e di altre cosette mal digerite da certi esponenti del PD, ma per il resto rispettosissima di tutte le altre uova, comprese quelle di quaglia e quelle di struzzo, lo stesso tale di nome Matteo Renzi avrebbe preferito in sella all’asina di Balaam ancora oggi chiamata Commissione Antimafia un tale di nome Emanuele Fiano. Trattasi di un oscuro personaggio politico assiduo frequentatore di salotti televisivi e non, di professione strenuo smentitore di tutte le timide accuse di tanto in tanto sussurrate da qualche giornalista prezzolato contro il regime in carica, solo per far sembrare che esiste ancora qualche spruzzo di democrazia allo zucchero vanigliato.
Non so se la Calabria insorgerà:
- se con un vehemente fremito d’orgoglio il governatore Oliverio uscirà dal suo letargico sonno silano per pretendere spiegazioni dal suo premier e amico di partito oppure si limiterà a rotolarsi per terra dalle risate;
- se l’ex ministra Lanzetta , sministrata in modo coatto, si fregherà le mani dalla soddisfazione di vedere avverate tutte le malanove mandate alla stessa Bindi un anno fa, quando costei, ligia al suo personale codice deontologico al pecorino silano, quando la Lanzetta si dimise da assessore alla Regione prima ancora di diventarlo per la nota vicenda che vedeva alcuni assessori calabri in pectore perseguiti dalla Legge, anziché andare con la commissione da costoro preferì invece andare proprio dalla Lanzetta a Monasterace per sottoporla a un umiliante interrogatorio a porte chiuse.
Non so nemmeno se la stessa signorina Bindi , presa dall’amarezza della defenestrazione, si ritirerà a vita privata tra i boschi calabri o sulle colline senesi che la videro nascere ed emettere i primi erculei vagiti politici all’ombra uggiosa della vecchia DC.
Certo è che la Calabria ancora una volta è gravemente umiliata da questo ennesimo sopruso politico perpetrato ai danni della classe politica bruzia di cui la Bindi suo malgrado è ancora formalmente parte.
E di cui a noi francamente, se non fossimo Italiani per definizione e non fossimo gravissimamente preoccupati dalla piega ormai irreversibilmente presa dall'illegalità dovunque, non interesserebbe nemmeno una virgola più di quanto non ci interessi la sorte di un fico secco andato a male nella Piana di Sibari.