sabato 22 agosto 2015

QUANTO E’ CAPACE DI INDIGNARSI LA PIANA PER LO SMANTELLAMENTO DEL PORTO DI GIOIA TAURO?

di Bruno Demasi 
     Al di là delle poche  centinaia di portuali direttamente e drammaticamente  interessati al problema del progressivo smantellamento del porto di Gioia Tauro, al di là dei loro figli che  hanno lasciato persino i loro giochi per essere accanto ai papà in questo opprimente week end di agosto e sono andati a manifestare tra le lugubri gru alzate in segno di blocco e il silenzio opprimente dei motori per la movimentazione dei containers, la Piana oggi ancora una volta ha taciuto e tace. Anzi dorme!
    Si trattava di una mobilitazione estremamente importante per tutti, nessuno escluso, se è vero che il Porto costituisce, anzi dovrebbe costituire, il volano per il rilancio di un’economia in un lembo di Calabria e d’Italia dilaniato da interessi mafiosi e precarietà pilotate di ogni genere. Si è trattato di chiedere per la prima volta a voce alta un indispensabile rilancio della struttura portuale e di tutto l’indotto che potrebbe costituire insieme all’istituzione della Zona Economica Speciale una vitale boccata di ossigeno per tutti noi, che invece continuiamo a dormire.
     Al massimo deleghiamo.
    O più semplicemente aspettiamo che siano gli altri a far finta di affrontare i nostri problemi e soprattutto a far finta di risolverli .

    Pochissimi i politici e i sindaci e presenti, tra cui Giuseppe Pedà, di Gioia Tauro, Michele Conia, di Cinquefrondi e Michele Tripodi,di Polistena, il Movimento 5 Stelle e una piccola delegazione della sinistra comunista. Decisamente pochi, anche se da soli sicuramente  in grado di esprimere tutta la voglia di riscatto di una terra e fortemente impegnati, per richiedere il rilancio di una struttura che langue e che, come affermano gli stessi lavoratori, si concretizza in una “ mancanza di reali prospettive per il mantenimento dei livelli occupazionali, vista la non condivisione dell’accordo sulla gestione della Cigs e del progetto per la gestione degli esuberi. Noi lavoratori- proseguono- stigmatizziamo il comportamento aziendale in merito ai mancati impegni sull’aumento dei volumi e crediamo sia fondamentale aprire un tavolo permanente e trovare tutte le possibili soluzioni al caso”
    Eppure il comunicato che il SUL, sindacato dei portuali, aveva lanciato come un grido di allarme qualche giorno fa era chiarissimo: la decisione di bloccare le attività portuali, dicevano “«trae origine dal devastante stato di crisi che ha colpito lo scalo di Gioia Tauro nel 2011 e dal quale il porto non riesce a uscire. Medcenter Container Terminal Spa il 29 luglio scorso ha richiesto, infatti, per il quinto anno consecutivo, la Cassa integrazione straordinaria per 353 unità lavorative senza alcuna prospettiva di un riassorbimento del personale al termine della procedura. Nello stesso tempo – sottolinea il sindacato – il volume di containers movimentati sta diminuendo in modo preoccupante e nessun investimento concreto è stato programmato da parte di Mct. Lo sciopero si rende, pertanto, necessario – prosegue il Sul – perché si forniscano risposte concrete ai lavoratori, che insieme alle loro famiglie stanno affrontando enormi sacrifici in questi anni. Perché gli impegni presi siano mantenuti anche da parte di tutte le istituzioni: dal Governo centrale, dalla Regione Calabria, dall’Autorità Portuale di Gioia Tauro e da Medcenter che sino a ora hanno speso fiumi di parole e di promesse per il rilancio dello scalo. Facciamo appello, in prima istanza, al Governatore della Calabria, Mario Oliverio”.
    Ci aspettiamo che proprio  Oliverio e i sui professori vestiti da assessori regionali, almeno al termine delle sonnolentissime ferie durante le quali hanno pesantemente taciuto, inizino a dire e soprattutto a fare qualcosa, ma ci aspettiamo che anche tutti i sindaci  della Piana e la società civile intera si mobilitino sul serio per difendere un bene di tutti come il Porto sulla testa del quale finora la politica nazionale e quella locale, al di là di tante parole sgrammaticate, hanno solo saputo mettere  il loro pesante e asfissiante  calcagno.