giovedì 11 dicembre 2025

LA BELLA STAGIONE DEI GESUITI MAMERTINI (di Bruno Demasi)


    Nell’arco di appena tre anni, da marzo 1932 a giugno 1935 furono ben quattro i giovani di Oppido Mamertina che entrarono nelle fila dei Gesuiti per rimanerci con ferrea convinzione fino alla fine dei loro giorni. Quattro grandi figure a torto quasi dimenticate di cui non solo la loro città natale, ma l’intera Calabria può darsi vanto. Furono, in stretto ordine di ammissione ufficiale nella Compagnia di Gesù, Domenico De Giorgio; Angelo Schepis; Vincenzo Pezzimenti e Rocco Carbone, il cui contributo alla Compagnia di Gesù, sicuramente vario, ma accomunato sempre da serietà e profondità di intenti, è ancora presente nel ricordo di tanti oltre che negli annali della grande congregazione religiosa.

    Prima di delineare per ciascuno i tratti essenziali delle loro singolari vicende umane e spirituali, occorre però domandarsi quali furono l’occasione e il contesto che promossero queste quattro sincere e grandi vocazioni gesuitiche in un arco di tempo molto ridotto e in un ambito sociale e culturale tanto connotato qual era quello contadino e artigiano di un paese arroccato ai piedi dell’Aspromonte nel pieno della propaganda fascista che cercava di intridere di sé persino le istituzioni religiose.

 La spiritualità della Compagnia di Gesù era conosciuta dalla chiesa e dalla popolazione oppidese perché già in due periodi (1879 – 1881 e 1884-86 ), come documenta scrupolosamente Mons.G. Pignataro (1), alla direzione del seminario di Oppido erano stati i Gesuiti. Tuttavia tali presenze, sia pure importantissime per la loro eredità spirituale, ma ormai lontane nel tempo in riferimento all’epoca di cui si sta trattando, non sono interamente sufficienti a spiegare il sorgere delle quattro vocazioni gesuitiche. Occorre perciò andare oltre e osservare più da vicino, proprio agli albori degli anni Trenta, la statura spirituale e umana davvero gigantesca di Mons. Giovambattista Peruzzo, il vescovo di origine piemontese, appartente alla Congregazione dei Padri Passionisti, mandato a Oppido, di cui Andrea Camilleri, menzionando anche la diocesi di Oppido, ha tracciato un profilo biografico magnifico nel romanzo “Le pecore e il pastore” e di cui anche questo blog nel suo piccolo ha fatto memoria nell’articolo apribile cliccando sul seguente link:"  IL PASTORE DELLE PECORE D’ASPROMONTE - Monsignor Giovanni Battista Peruzzo, protagonista del libro di Andrea Camilleri ”Le pecore e il pastore”, vescovo indimenticato di Oppido Mamertina ".
 
   Nominato vescovo di Oppido Mamertina il 19 ottobre 1928, Mons. Peruzzo entrò in diocesi nel febbraio 1929, anno dei cd “Patti Lateranensi”, ma è proprio questo inizio del suo episcopato ad Oppido che incrocia un periodo di crescente permeazione del fascismo nella vita locale, con le sue istituzioni civili, la società, le associazioni e — in qualche misura — la Chiesa. Era stato vescovo ausiliare a Mantova dal 1924 e si era distinto per il suo zelo missionario, ma nel 1927, durante le celebrazioni per le feste centenarie di San Luigi Gonzaga aveva promosso eventi con forte partecipazione giovanile tramite l’ Azione Cattolica, e queste iniziative suscitarono intimidazioni gravi da parte di fascisti locali. Peruzzo intervenne in prima persona: denunciò gli episodi sia a livello ecclesiastico — portando i fatti a conoscenza del suo ordine e della Santa Sede — sia “politicamente”: si rivolse fino al vertice del regime, cioè direttamente a Benito Mussolini. Come osserva S.Rullo: “Insoddisfazioni,gelosie e rancori di partito fecero pressioni su Roma e il vescovo Peruzzo venne trasferito nella sperduta diocesi di Oppido tra i monti della Calabria”( 2) nella quale addirittura l’ultimo vescovo nominato, non aveva mai fatto il proprio ingresso.

   A Oppido nel brevissimo periodo del suo episcopato Peruzzo si distinse per la sua operosità e la sua intransigenza curando non solo la ricostruzione delle chiese, perseguendo serie ed efficaci forme di evangelizzazione e persino l’organizzazione di un congrersso mariano che ebbe risonanza in tutto il Meridione, ma effettuando anche onerose visite agli istituti religiosi e alle scuole secondarie tenute da religiosi e soprattutto incoraggiando con lungimiranza in ogni modo possibile l’incremento delle associazioni laicali. Chiamò subito a Oppido, quale rettore del seminario e col compito di riordinare e promuovere l’Azione Cattolica sul territorio, il sacerdote lodigiano Samuele Pandini che, secondo il Liberti ( 3), “lasciò di sé gran ricordo”, tanto che gli si dovette  la ripresa completa dell’Azione Cattolica e il miglioramento del seminario. Lo stesso riferisce che durante una visita il futuro cardinale Schuster avrebbe elogiato il seminario definendolo «il migliore del sud per condotta e studi, pietà e disciplina» e cita inoltre la comunicazione di Peruzzo al Capitolo il 26 settembre 1930 che qualificava Pandini «insigne per pietà, dottrina e zelo».

    Il nome di Samuele Pandini, che insieme al vescovo Peruzzo e all’abate Bruno Palaja, parroco della Chiesa di San Nicola (Abbazia), insigne latinista e docente del seminario, fervente zelatore della spiritualità passionista (ne è esempio lo splendido affresco della parete di destra della medesima chiesa, realizzato da Domenico Mazzullo su commissione dello stesso abate, in cui sono idealizzati i santi capostipiti della Congregazione), è sicuramente la chiave di volta di tutte le vocazioni gesuitiche nate a Oppido, ricorre esplicitamente infatti anche nel necrologio(4) di uno dei quattro gesuiti oppidesi, Domenico De Giorgio, dove il santo sacerdote lodigiano viene definito “ della gioventù d’Oppido zelante formatore e suscitatore di ideali e d’entusiasmo duraturi…” 
 
  L’azione spirituale sinergica ed entusiasta di Peruzzo e Pandini, la loro incessante e intelligente cooptazione delle leve giovanili oppidesi non potevano non suscitare invidie e gelosie nelle organizzazioni fasciste locali che si vedevano depauperate della materia prima necessaria alle loro adunate e alle loro ricorrenti parate giovanili. E quando Domenico De Giorgio, uno dei più convinti e sanguigni giovani oppidesi del gruppo di Pandini, poi divenuto gesuita,“ nel 1931, durante la crisi tra Fascismo e Azione Cattolica, in riunioni segrete per le campagne fuori paese teneva le file della Associazione, fu ‘ fermato’ e in caserma diffidato dal proseguire, pena il confino”( 5), il rancore contro il rettore del seminario e contro il vescovo esplose in modo aperto, tanto che il 26 novembre dello stesso anno Peruzzo ricevette pressante invito a firmare il proprio trasferimento nella diocesi di Agrigento.

    Il fecondo  seme vocazionale tuttavia era stato gettato e i frutti di vocazione furono tantissimi. Tra i tanti quelli dei quattro giovani oppidesi, tutti “allievi” di Pandini e Peruzzo esterni al seminario , tutti residenti a Oppido nelle strade adiacenti alla chiesa di San Nicola-Abbazia, di cui era parroco il Palaja, i quali, sia pure a qualche mese di distanza l’uno dall’altro, a parte De Giorgio e Schepis che vi furono ammessi contemporaneamente, abbracciarono con convinzione ferrea la missione gesuitica, portandola con santità fino al loro ultimo respiro. 

DOMENICO DE GIORGIO 
 
    Nacque il 12 maggio 1908 a Oppido Mamertina nella casetta posta sull’attuale Via Marconi, a pochi metri di distanza dall’incrocio con la Via Annunziata, a 24 anni entrò nella Compagnia di Gesù: era il 19 marzo 1932. Pronunciò gli ultimi voti come coadiutore temporale il 2 febbraio 1943, servendo fedelissimamente la Compagnia per ben 36 anni.

    Come apprendiamo da sicura fonte gesuitica, (6) era giunto al Noviziato nel 1931, quando era nel pieno vigore della giovinezza e subito dopo l’amaro episodio di difesa a oltranza dell’ Azione cattolica che gli era costato proprio nello stesso anno la diffida da parte delle forze dell’ordine . Chi lo conobbe prima che entrasse in Compagnia, ricorda con ammirazione la sua eccezionale forza fisica ( resta ancora  famoso nel ricordo tramandato di alcuni l’episodio che lo vide processionalmente portatore sulle spalle della pesantissima croce di ferro da allocare sulla cuspide del timpano della cattedrale in costruzione), ma anche la generosità e la forza non comune del suo carattere. Lo chiamavano tutti Giorgione con l’epiteto affettuoso e ammirativo che gli aveva dato proprio Mons. Samuele Pandini.

    Crebbe in una famiglia di grandi e onestissimi lavoratori sotto la cura di una madre davvero santa sia nel lavoro sia nell’apostolato di servizio verso tutti coloro con i quali incrociava le proprie giornate. Come osserva l’estensore del suo necrologio: ”Durante il Noviziato temprò il suo carattere, forte e non privo di angolosità, ad un amoroso servizio del Signore senza riserve, domando la sua esuberanza e vivacità.Il mese di Esercizi Spirituali, in particolare, gli dischiuse gli orizzonti interiori propri di un figlio della Compagnia”.

    Se la sua chiamata gesuitica fu forte, altrettanto forte si rivelò la sua vocazione missionaria alla quale si preparò con grande cura, cercando di apprendere quante più cose potesse per aiutar meglio la Compagnia nel servizio di Dio e rendendosi atto a molti lavori e servizi: conseguì anche il diploma di infermiere, compito che poi più a lungo avrebbe esercitato sia nella Provincia Gesuitica, sia nella terra di missione.

    Aveva acuto spirito di osservazione e anche spiccate doti di narratore, tanto che , quando nel Novembre 1934 partì per la Missione di Galle in Ceylon, sia durante il viaggio sia dalla Missione inviava dettagliate cronache delle sue esperienze missionarie, che “erano attese e lette con grande gusto e profitto” pur avendo egli un’ istruzione appena elementare. Una volta giunto a Ceylon si dedicò al lavoro senza risparmiarsi. Il Seminario di Kandy fu il suo prevalente spazio di attività . Il suo zelo trovava libero sfogo sia negli uffici che gli erano affidati sia nel tratto con gli altri, esterni e seminaristi. Come la madre, trovava spesso la parola opportuna per tutti, specialmente per i più deboli, che spesso lasciava profondamente edificati. 

   Nel suo slancio abusò spesso delle sue forze. Uno sforzo eccessivo gli provocò l’abbassamento di un rene, dando così inizio al suo calvario. Dopo la guerra dovette tornare in Italia per curarsi e fu sottoposto ad intervento chirurgico. Appena rimesso, ottenne di ritornare in Ceylon e vi riprese con ardore il lavoro. Ma dopo qualche anno dovette, e questa volta definitivamente, lasciare la terra dei suoi sogni giovanili di piena donazione al Signore. Fu sottoposto a nuovo intervento chirurgico. Riprese il suo lavoro, ma il vigore di prima non tornò più. Soggiornò a Vico Equense , all’Aquila, a Napoli. Dicono i suoi confratelli: “ Semplice e profonda la sua vita spirituale, nutrita di continua preghiera. L’attaccamento all’osservanza Regolare era spinta fino allo scrupolo, e, talora, ad una certa intolleranza, come può succedere a temperamenti forti. Costante il suo zelo che non gli lasciava sfuggire l’occasione di far del bene fino ad ottenere autentiche conversioni”.

    Il declino fu inesorabile e, specialmente dopo l’ultimo intervento chirurgico, subito nel 67 — questa volta per tumore —, non si riebbe mai pienamente e forse capì che la fine non sarebbe stata troppo lontana. Ne fu certo dall’agosto del 1968 dopo nuovi ricoveri in clinica e nuovi accertamenti. Finché ha potuto si è reso utile; poi non si è alzato più da letto. Qualche laico che fu a trovarlo ebbe a dire: «E’ ammirvole: è lui che conforta noi». Era consapevole che la preghiera rendesse serena e gioiosa l’attesa nelle grandi sofferenze. Dette così l’ultima prova della fortezza del suo carattere e della profondità della sua fede e della sua donazione al Signore. E’ deceduto al Gesù Nuovo di Napoli il 25 novembre 1968.

ANGELO SCHEPIS

     Nato il il 12 dicembre 1912 ad Oppido Mamertina nella casa ubicata sull’attuale “corso G.Mittica”, a breve distanza dall’Orfanotrofio Germanò, entrò con i primi voti nella Compagnia di Gesù il 19 marzo 1932 insieme al compaesano e vicino di quartiere Domenico De Giorgio, pronunciò gli Ultimi Voti come Coadiutore temporale il 2 febbraio 1943, è deceduto a Napoli il 9 aprile 1985 nel Gesù Nuovo. Varie delle notizie che abbiamo si riferiscono al suo commosso necrologio, pronunciato dal confratello Mario Casolaro (7) .

“ Erano passati pochi mesi dal mio ingresso nel noviziato della Compagnia di Gesù a Vico Equense,- scrive Casolaro - e le mie scarpe leggere estive si erano già in parte consumate. Mi recai nelle «officine» così si chiamava quella parte della casa dove c’erano i laboratori: falegnameria, sartoria, calzoleria, ecc., e per la prima volta incontrai il Fratello Schepis: poche parole, pochi sguardi, molta cordialità. Dopo alcuni giorni avevo il mio paio di scarpe. Ce le ho ancora davanti agli occhi, un po’ insolite per me abituato in città: erano scarpe robuste di grasso, vero cuoio ben spesso, molto curate in alcuni dettagli: ben tirate le ribattiture… poco rifinite in quanto ad eleganza formale, ma ben adatte e ottime …Ecco, se ne è costituito allora una cosa seria e solida. «Guardate, quei piedi si scarpano bene». E il F. Schepis ci diceva, sempre con il suo modo spiccio e concreto, che bisognava averli sempre bene in forma, in modo da sopportare ogni tipo di fatica… E’ insolito che un Fratello nelle Scuole di noviziato parli così: ma così era lo stile di un Fratello nelle Scuole di noviziato che ci conduceva con fermezza, ma con molta fraternità.

    Decisamente Fratello Angelo Schepis, pur nella semplicità del suo servizio, metteva in luce grandi doti missionarie e di evangelizzatore favorendo , aiutando e incoraggiando in ogni modo possibille i confratelli che partivano per la Missione e si è fatto amare molto nella comunità del Gesù Nuovo. Si notava anzitutto la sua puntualità nel rendimento dei servizi domestici: spiccio nei modi, deciso nelle espressioni: ma in fondo era semplice e si spiega così anche la sua facilità di entrare in contatto con la gente più povera e bisognosa: aveva anche fatto parte di un Gruppo Vincenziano fino al 1972, e non mancava mai agli incontri di carità al Gesù Nuovo dove erano frequenti proprio le persone bisognose. Nesso stesso anno fu trasferito a Vico Equense dentro la casa che lo aveva visto novizio: vi trovò un ambiente più ristretto, e ciò gli servì a rivivere quell’ambiente noviziato dove aveva iniziato la sua vita di Gesuita: ritrovò subito nel lavoro e negli incontri quella capacità di umanità e soprattutto quella sensibilità aperta verso la sofferenza altrui.

    Il taglio della sua vita era ormai segnato; e per questo fu molto contento quando nel 1978 i Superiori lo chiamarono a Napoli e lo inserirono nella Commissione Corrispondenti del Gesù Nuovo. Lo fece con serietà e con dedizione, senza chiedere nulla. Negli ultimi anni di vita gli si offrì la possibilità di un impegno diretto con le anime, come lettore qualificato della parola di Dio durante la liturgia eucaristica, ma soprattutto nel lavoro di accoglienza in sacrestia. Lì, infatti, coloro che andavano per fissare l'orario di una Messa o per chiedere preghiere, finivano quasi sempre spontaneamente per parlare dei problemi che li angosciavano come uomini e come credenti. Questo dialogo del F. Schepis con i fedeli si faceva profondamente concreto: partecipando alle ansie e unendosi nel ringraziamento per qualche grazia che il fedele dichiarava ricevuta, esortava a non limitarsi ad una eventuale offerta per il culto ma a partecipare più intimamente alla Grazia del Signore con la confessione e la comunione. Benchè, come abbiamo detto, il F. Schepis fosse uomo di poche parole, in queste occasioni sapeva superare se stesso, edificando per la sua semplicità e serenità.

    Un male, covato dentro forse da qualche tempo, l'ha consumato in pochi mesi; ha terminato la sua vita terrena il 9 aprile 1985 all'età di 73 anni, 53 di vita religiosa. Ha sofferto molto negli ultimi giorni, ma non era facile ascoltare dalle sue labbra un lamento che non fosse nello stesso tempo riferito alla Passione del Signore e alla salvezza delle anime. Il venerdì santo, ormai allo stremo delle forze, chiese a un Padre, che era andato a visitarlo, che giorno fosse. «È il giorno della Passione del Signore» gli fu detto; e alla richiesta se avesse bisogno di qualche cosa, rispose con quella poca, pochissima forza di voce che aveva ancora, ma distintamente: «la vita eterna».

“ A questo punto
– conclude Mario Casolaro - , se dovessi dipingere il Paradiso per il F. Schepis, rifarei la raffigurazione che ne ha dato il B. Angelico: un giardino fiorito, verde con tan- te gemme di colore, e un coro d'angeli sostenuto dal gentile e soave suono del le mandole.”

VINCENZO PEZZIMENTI

    Nacque il 6 novembre 1918 ad Oppido Mamertina nella casa ubicata sulla via Annunziata, a pochissimi metri di distanza dalla Chiesa di San Nicola Abbazia, dove il fratello Antonio, grandissimo ebanista e scultore, presto emigrato nell’America Latina, realizzò e scolpì lo splendido pergamo ligneo adornato di prodigiosi bassorilievi raffiguranti la vita di San Nicola di Mira, che è considerato e censito come vero e proprio capolavoro d’arte sacra. Entrò giovanissimo nella Compagnia di Gesù il 1 ottobre 1934, fu ordinato sacerdote dal vescovo Mons. Farina il 4 luglio 1948, pronunciò gli Ultimi Voti il 2 febbraio 1952 ed è deceduto a Napoli, anche lui al Gesù Nuovo, il 24 agosto 2019. Quando è morto Fr.. Pezzimenti, purtroppo, la rivista della Provincia non era più attiva quindi il suo necrologio non è stato pubblicato, ma è possibile ricostruirne la parabola umana e religiosa mediante qualche scheda e molteplici riferimenti reperibili negli archivi dei Gesuiti che testimoniano la sua prodigiosa intelligenza e l’altrettanto fervida spiritualità unita ad una formazione culturale fuori dal comune.

    La sua missione all’interno della Compagnia di Gesù si esplicò in modo multiforme e con delicatissimi incarichi di responsabilità che costellarono tutta la sua lunghissima vita: subito dopo il presbiterato ,nel 1949. pronunciò i terzi voti nel collegio gesuitico spagnolo di Gandia dove aveva assunto un incarico di coadiutore. Lo ritroviamo quindi nei primi anni Cinquanta docente di Italiano e prefetto degli studenti nel prestigioso convitto “Conocchia-Pontano” di Napoli. Dal 1953 al 1962 è rettore di grande fede e di grande equilibrio del Noviziato di Vico Equense e subito dopo, fino al 1967, rettore dell’Istituto “Pontano” di Napoli. Seguono due delicatissimi anni di impegno, fino al 1969, quale guida degli esercizi spirituali e presidente della “FIDAE” a Villa S.Ignazio a Napoli: periodo, questo, durante il quale ricoprì anche in maniera ineccepibilel’incarico di consultore, confessore e responsabile dell’amministrazione economica della stessa struttura. Gli anni successivi lo vedono Superiore della residenzagesuitica di Pescara e, a partire dal 1973, anche parroco della medesima, almeno fino al 1979, anno nel quale torna di nuovo a Vico Equense, restandolci fino al 1985 come superiore della casa dei novizi e contemporaneamente come padre spirituale del Seminario Diocesano. Gli anni che vanno dal 1985 al 1992 sono densi di impegni spirituali e pastorali, ma anche culturali e amministrativi al servizio ora di una ora dell’altra tra le più grandi e onerose strutture formative gesuitiche di Napoli. 

  Nel 1992 si apre per Fr. Pezzimenti un periodo intenso di lavoro quale superiore della Comunità gesuitica “Francesco Saverio” di Catania che si protrae fino al 1996, anno nel quale venne per l’ultima volta a Oppido Mamertina, suo paese natale, dove fu accolto con grande premura dal vescovo Domenico Crusco e dalla comunità scolastica che all’epoca lo srivente dirigeva, nella quale rimase memorabile la celebrazione di un “Precetto Pasquale” officiata dallo stesso don Vincenzo , concelebrata dal vescovo e arricchita da un’omelia seguita con estrema attenzione anche dagli allievi più piccoli, che si potrebbe benissimo scolpire negli annali delle cose migliori della scuola e della fede cattolica senza fronzoli e senza ridondanze.

    Il decennio successivo ( fino al 2006) lo vede ricoprire un ruolo delicatissimo e fiduciario affidatogli direttamente dalla Santa Sede, quale “delegato” presso la Congregazione Religiosa nascente “Missionari della Fede”. La fonte istituzionale (8) della stessa congregazione riferisce che P. Pezzimenti fu chiamato espressamente dalla Sede Apostolica a guidare e accompagnare il cammino dei Missionari della Fede durante un periodo di "discernimento e maturazione della comunità missionaria stessa” . Ciò indica chiaramente quanta fiducia riscuotesse la sua grande preparazione spirituale e umana presso il vaticano e quale delicatezza morale egli fosse in grado di esprimere nell’accompagnamento di una congregazione religiosa nascente. In un testo di ringraziamento interno alla stessa realtà (9) si può leggere : “Rivolgo il mio ringraziamento a P. Vincenzo Pezzimenti S.J., che in qualità di Commissario Pontificio ci ha condotti a questo traguardo con la sua ricchezza di scienza, di fortezza, di prudenza e di profonda spiritualità…” Ciò suggerisce che il suo mandato non fu solo formale, ma vissuto come un accompagnamento pastorale e organizzativo, contribuendo alla crescita istituzionale e spirituale dei Missionari della Fede, anche nei campi missionari e nelle esigenze di evangelizzazione in varie regioni.

    Gli ultimi tredici anni della sua poderosa e prodigiosa missione lo ntrovano intento a portare ancora avanti molteplici e delicatissimi impegni di consultore, guida degli esercizi spirituali, assistente CVX, assistente spirituale dell’Associazione Medici Cattolici a Napoli nelle grandi e prestigiose case di Villa S.Ignazio, al Collegio “Pantano” e nella comunità del Gesù nuovo, dove si è spento lucidissimo a 101 anni di età, tra il compianto unanime, nel pomeriggio del 24 agosto del 2019. I funerali, molto partecipati, sono stati celebrati due giorni dopo nella Chiesa del Gesù nuovo, proprio dove riposa il corpo di una delle icone più grandi dei medici cattolici, San Giuseppe Moscati.

ROCCO CARBONE

 
    Come risulta anche dal necrologio dei Gesuiti stilato da Fr. Filippo Iappelli, (10), Fr. Rocco Carbone nacque il 16 agosto 1917 ad Oppido Mamertina nella casa ubicata sull’attuale corso “G. Mittica” a pochi passi anch’essa dalla chiesa San Nicola-Abbazia. Entrò nella Compagnia di Gesù l'11 giugno 1935, pronunciò gli ultimi voti come coadiutore temporale il 2 febbraio 1948 ed è morto il 24 maggio 2004 nell’infermeria del Gesù Nuovo di Napoli.

    Si era formato come valente artigiano nella sartoria di Nicola Natale in Oppido Mamertina, frequentando con assiduità nello stesso periodo non solo le attività promosse perr i giovani oppidesi nel seminario vescovile, ma anche quelle dell’Azione Cattolica che lo stesso Mons. Pandini, rettore del seminario, organizzava per numerosi giovani esterni al seminario negli spazi nella chiesetta del Calvario, che ben presto divennero troppo angusti, oltre che fatiscenti, per il numero crescente dei partecipanti.

    Entrò nella Compagnia di Gesù l’11 giugno 1935 ed assunse le mansioni di sarto, arte nella quale si era progressivamente perfezionato nelle varie case della Provincia Napoletana, prestando anche la sua opera in altre mansioni in aiuto dei confratelli e nel servizio dei fedeli che frequentavano le chiese curate dalla Congregazione. Così al Convitto Pontano alla Conocchia (1940) con funzioni varie di responsabilità; al Gesù Nuovo, aiutando anche in chiesa gli infermi e prestandosi nelle opere assistenziali a favore dei bambini poveri nel dopoguerra napoletano (1945); all’Istituto Di Cagno Abbrescia di Bari (1949); a Villa San Luigi (Napoli, 1952); a Vico Equense (Scuola Apostolica, 1953; Noviziato, 1955). Dovunque si trovasse, superando una certa ombrosità del proprio carattere, esprimeva il meglio di sé specialmente nel servizio ai più deboli.

    Dal 1956 al 1983, per ben 27 anni, gli fu affidato l'incarico più gratificante come gesuita a Roma – quello di responsabile della sartoria nella Curia Generalizia a Borgo Santo Spirito , a ridosso delle mura del Vaticano, con il servizio quotidiano al Padre Generale, ai suoi Assistenti e ai loro collaboratori provenienti di ogni Provincia del Mondo – e come cattolico – per la vicinanza alla Basilica di San Pietro, con la facilità di partecipare attivamente e spesso anche di collaborare alle cerimonie papali e di introdurre i conoscenti nei “segreti del Vaticano”. Di questo lungo periodo della sua permanenza a Roma restano moltissime testimonianze della sua generosa accoglienza prestata, tra l’altro, ai tanti compaesani e corregionali che dalla Calabria per incombenze varie, si recavano nella Capitale. Restano anche i ricordi di molte persone, specialmente religiosi e sacerdoti, che lo erbbero guida pratica sicura nell’introduzione agli uffici della Santa Sede.

    Nel 1984 Fr. Carbone venne trasferito alla residenza del Gesù Nuovo a Napoli , col medesimo incarico di responsabilità e, dopo la morte del concittadino F. Schepis, di Vice Sacrista, con le devote mansioni di assi- stere i sacerdoti celebranti nelle Letture liturgiche e di aiutarli nella distribuzio-ne della Comunione. Un incarico nuovo per lui, abbracciato con grande devozione: il suo carattere generoso ed empatico aveva modo di esaprimersi totalmente nell’accoglienza delle persone che frequentavano quella grande chiesa e nell’aiuto morale e spirituale che spesso esse cercavano. Possedeva infatti un carattere esuberante, anche se a tratti impulsivo, ma aperto e portato ad aiutare tutti senza riseve.

    Quando superò la boa degli 85 anni si sono moltiplicarono gli acciacchi dell'età, aggravati dalla lussazione di una spalla in seguito a una caduta; ma sempre, quando si sentiva più in forze e la vista indebolita glielo permetteva, si trascinava in sartoria per collaborare con grande esperienza all’allestimento degli abiti dei confratelli. Più penosi a causa dei numerosi acciacchi gli ultimi mesi di vita, serena la fine.

   Su Fr. Rocco Carbone recentemente Rocco Liberti ha pubblicato “ Il gesuita Rocco Carbone da Oppido”(11), un contributo biografico – storico contenente notizie sulla sua nascita e sulla sua formazione legata al territorio oppidese, sul suo ingresso nella Compagnia di Gesù , sulle tappe della sua esperienza gesuitica e all’attività svolta a Napoli e a Roma con particolare attenzione al suo impegno religioso, culturale e sociale.

Bruno Demasi 
_________________

1) G.Pignataro I Gesuiti a Oppido,Historica,1968,n.1 
2) S.Rullo, Cronografia vescovile, 2002, pag.205, 
3) R. Liberti, Momenti e figure nella storia della vecchia e nuova Oppido, Quaderni Mamertini n. 29, Bovalino (Diaco), luglio 2002 (riveduto e corretto giugno 2016), p. 36. 
4) Notizie dei Gesuiti d’Italia, 1968, n.3,pp 46-47. 
5) Ibidem 
6)Ibidem 
7) Notizie dei gesuiti d'Itali
a, 1986, n. 1, pp. 27 – 28 
8)Bollettino deli Missionari della fede, 1996/97 
9)Ibidem 
10) Gesuiti in Italia
, 2004, n. 6, pp. 391 - 392. 
11) Liberti, Rocco. Il gesuita Rocco Carbone da Oppido. 25 giugno 2022. Accademia Edu.