Oppido Mamertina e gli ultimi della sanità calabrese, proprio gli ultimi, abbandonati da tutti, stanchi da anni di continua spoliazione di un ospedale antico e grande non solo per estensione, ma soprattuto per servizi e per qualità, via via spolpato e distrutto da decenni di ignavia sociale e politica e di noncuranza per un comprensorio montano privo ormai persino della voglia di pregare.
Oppido e gli ultimi della sanità nel secondo venerdi di Quaresima ancora teatro e personaggi sofferenti e oppressi di un’inedita Via Crucis serale proprio davanti a quell’ospedale che oggi qualcuno vorrebbe probabilmente chiudere definitivamente dopo anni di agonia e di servizi sempre più ridotti o azzerati. Una Via Crucis nonostante tutto vibrante di preghiera e di sofferti silenzi nelle parole accorate del parroco, don Giuseppe , che in un concreto slancio di vera sinodalità, l’ha voluta sfidando il freddo gelido , lo sgomento e la stanchezza di molti che da settimane stanno presidiando questo fantasma, che ancora si chiama Ospedale, per tentare di sottrarlo all’incuria, ai calcoli, ai giri di parole opprimenti, alle comunicazioni smozzicate, sempre parziali e incomplete, di chi negli anni ha avuito ed ha la responsabilità di questo disastro..
Come non ricordare spontaneamente l’agonia di questo nosocomio attraverso ciascuna delle stazioni proclamate di questa stupenda Via Crucis, e le tappe della miseria regionale lungo le quali sono via via crollati prima il sogno di completare ed aprire una grandissima nuova ala per la quale erano stati spesi miliardi, poi il servizio di Ostetricia e Ginecologia, poi quello di Chirurgia, poi quello di Psichiatria, poi quello di Oculistica, poi quello di Otorinolaringoiatria, poi quello di Radiologia, poi quello di analisi cliniche, poi il Pronto Saoccorso, poi il Pronto Intervento notturno, poi il Pronto Intervento diurno e infine il servizio di Lungodegenza? Come non ricordare con commozione gli anni in cui questo nosocomio, nato per proteggere e servire la cittadinanza aspromontana, richiamava anche malati da ogni dove attratti dalla sua efficienza? Come non ripercorrere il sogno di un Ospedale di Montagna che avrebbe ridato fiato ai polmoni esausti di questo territorio condannato da tutti? E come non rimpiangere oggi almeno la speranza di un Ospedale di Comunità che le promesse avevano pomposamente accreditato e che sembra sempre più lontano nei progetti di carta a cui ormai nessuno sembre più credere?
Come rassegnarsi , ancora una volta, alla precarietà quotidiana di vita, allo sfacelo sanitario con cui giovani e anziani devono fare quotidianamente i conti, mentre si allontana sempre più persino la magra consolazione di un pomposo “Ospedale della Piana” per il quale sono gia stati spesi fiumi di inchiostro, di saliva e di miliardi, senza ancora porre un solo mattone?
Ma è stata , malgrado tutto, una Via Crucis in cui spesso è risuonata la parola Speranza nel freddo e nelle invocazioni del sacerdote e della gente, una Via Crucis che nel cuore degli innumerevoli presenti ha riecheggiato la triste conclusione della vita stessa dell’Aspromonte fiorita nei secoli sul sudore, i sacrifici e le conquiste di tantissima gente che aveva fatto della solidarietà, dell'onestà e del dono, anche e soprattutto della salute, il motivo essenziale del proprio orgoglio, oggi ferito a morte.
Persino i commenti ad ogni stazione, scritti dal Medico Santo, Giuseppe Moscati, e prescelti non a a caso per questa preghiera corale, hanno scandito le lacrime e la la tristezza della gente abbandonata da tanto tempo a se stessa, ai viaggi della speranza, alle umilianti attese davanti alle porte spesso proibite di Pronto soccorso lontani, raggiunti a stento lungo strade ridotte spesso a tratturi scavati dal tempo e dall’acqua e invasi dai rovi.
Sulla speranza che sembrava irrimediabilmente svanita e che sta rifiorendo nella tenacia della protesta civile e composta della gente dell’Aspromonte si è innestata la fede genuina dei poveri e dei semplici che da settimane hanno persino rinunciato al bene più grande per una democrazia degna di tale nome: il diritto di voto. Migliaia di tessere elettorali sono state dolorosamente restituite. E non c’è delitto più turpe che indurre la gente a rinunciare al proprio diritto elettorale, instillare in loro il dubbio che esserre buoni cittadini sia sinonimo di abbandono totale dallo Stato sempre più lontano da queste terre , da questo ospedale che, ancora una volta, è stato benedetto soltanto dalle preghiere e dalle lacrime della gente e dalla povera croce di legno innalzata su tutto e su tutti dalle braccia del parroco.