di Bruno Demasi
Si è appreso con raccapriccio nei giorni scorsi che è stato sospeso il servizio di fornitura delle uniche tre ambulanze attrezzate per i codici rossi che erano dislocate negli ospedali di Polistena, Gioia Tauro e Oppido Mamertina. Ambulanze che erano fornite da una ditta privata con la quale l'Asp di Reggio Calabria aveva attivato il servizio di fornitura. La ditta avrebbe un contratto scaduto da 14 mesi e vanterebbe crediti per quasi 900 mila euro dall'Asp, ragione per la quale avrebbe deciso di sospendere autonomamente la fornitura di ambulanze.
Una situazione di allarme che sta provocando ( purtroppo solo flebili) proteste che ci si augura diventino più chiare e corpose sull’esempio di quanto ha fatto destinate il presidente nazionale dell' associazione "I nostri angeli" Alfonso Scutellà che ha mandato un telegramma urgente al direttore generale dell'Asp. "Apprendo – vi si legge - che nella Piana la ditta che forniva le ambulanze del 118 ha ritirato tale servizio con la conseguenza di mettere a rischio il sistema dell'emergenza sanitaria e il diritto alla salute. Chiedo urgente incontro per capire le ragioni per le quali ciò è accaduto e soprattutto per sapere come l'Asp intende ovviare al problema che potrebbe provocare gravi carenze al sistema sanitario e quindi il rischio per la vita delle persone".
Non ci sorprendono affatto ormai né lo stato endemico di disservizio né la discutibilissima forma di protesta attuata dalla ditta. Ci sorprende semmai il fatto che la sanità nella Piana e nella provincia di RC abbia avuto bisogno di appaltare a privati un servizio di propria pertinenza, dato che è abbondantemente – o dovrebbe essere - in possesso di mezzi e di personale retribuito per attivarle, considerati i tetti stratosferici di spesa storicamente impegnati per la gestione del parco automezzi e per le spese di personale.
Ci domandiamo se questo ennesimo baratro di 900 mila euro di debito sia almeno sotto il doveroso controllo degli organi e delle Istituzioni preposte, al fine di accertarne, se non altro, la legittimità, ma ci domandiamo anche se in questa terra di nessuno che si chiama “Piana di Gioia Tauro”ci sia ancora un’ombra, una traccia, un sentore di “Stato”.