sabato 23 novembre 2024

LA NASCITA DEL “SERVIZIO” POSTALE NELLA PIANA DI GIOIA TAURO ( di Rocco Liberti)

            L’istituzione a Oppido Mamertina e frazioni


     Sicuramente poche istituzioni civili ebbero un effetto dirompente e benefico sulla società e sulla crescita dei paesi aspromontani come l’istituzione e il progressivo consolidamento del servizio postale: non solo veicolo di comunicazione in sé , ma nel nostro caso un vero e proprio ponte con i paesi lontani, anche extraeuropei, nei quali già a partire dalla fine dell’800 si dirigeva la grande e dolorosa emigrazione calabrese. Il quadro che ne traccia Rocco Liberti in questa ricchissima pagina è molto eloquente: le poste italiane già nel momento della loro difficoltosa istituzione a livello locale nascevano come “servizio” sociale, non con quella connotazione di impresa commerciale che poi col tempo, e specialmente oggi, hanno assunto. Un servizio di grande portata perché reso a un contesto umano e sociale il più delle volte povero, oppresso da mille mali e da mille carenze strutturali, non ultima la mancanza di una rete viaria che fu faticosamente creata e migliorata col tempo e col sacrificio di tutti, mentre oggi in gran parte appare abbandonata a se stessa forse anche perché la comunicazione virtuale in prevalenza ha soppiantato quella cartacea.
   Un’altra pagina che ci  deve a lungo far riflettere sul nostro stato sociale e culturale di oggi in rapporto a quello di ieri, di cui dobbiamo ancora una volta ringraziare la penna e la memoria di Rocco Liberti.
(Bruno Dermasi)

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     Risulta alquanto evidente che il termine posta nel tempo antico stava a significare il posto dove si assicurava il giusto riposo agli uomini che recavano messaggi da un capo all’altro nonché alle bestie trainanti carrozze e similari mezzi di locomozione in riferimento e dove peraltro ne avveniva lo scambio. A tutto sopraintendevano i cosiddetti mastri di posta, delle persone che esercitavano parimenti il lavoro di osti. In buona sostanza, la stazione di posta, com’era chiamata, era in funzione presso una locanda vera e propria situata in un punto nodale, ma il luogo che accoglieva quei viandanti si rivelava sempre affatto confortevole: una vera e propria stalla con paglia, fieno e un misero giaciglio.

     Sin dai primordi il servizio postale si qualificava del tutto privato e ad usufruirne si stagliavano in primo piano individui o enti danarosi, i quali potevano pagare, come i mercanti, i nobili, le università e le banche e la storia ci riporta addirittura al mondo romano, quando n’erano incaricati i cursores. Dal ‘600 in poi, aumentando l’interesse, è divenuto un monopolio statale, che poteva essere affidato anche a delle famiglie. Molto nota a riguardo la Tasso, a un ramo della quale è appartenuto il poeta Torquato, che nel Centro Europa n’è stata a lungo detentrice. A quel tempo, precisamente nel 1639, si data la nascita di un vero ufficio postale a Boston negli USA. In successione il servizio postale è stato variamente disciplinato, avendo d’altronde seguito di pari passo l’evolversi degli Stati, cui era soggetto[1].

    L’affidamento in affitto del servizio di posta a famiglie private si verificava anche in Calabria. Da un atto notarile rileviamo che nel 1794 la Tenenza di Posta di Drosi nella Piana di Gioia era appannaggio della famiglia di d. Antonio Montalto per un periodo di sei anni dietro esborso di 110 ducati, così come avvenuto entro il sessennio[2]. Drosi era sicuramente un punto d’incrocio sul percorso della via consolare Popilia. All’epoca sovrintendeva a Napoli nel settore d. Matteo Franco, con titolo di ispettore generale delle regie poste[3]. Altra “posta” si trovava nel 1780 anche a Seminara così come pure ancora a Drosi[4]. In periodo borbonico era dato rilevare nella Piana delle officine postali. Nel 1819, nell’anno dell’emissione di un apposito regolamento voluto da re Ferdinando I, ne risultavano a Palmi, Seminara e Rosarno. Col 1857 si aggiungerà Gioia Tauro. Sinopoli arriverà invece nel 1861 all’inizio del nuovo evo.

    In merito alla situazione postale nell’abolito regno sul finire della dominazione borbonica come pure nel resto dell’Italia siamo debitori a Stefano Jacini, il politico ed economista noto per una nota inchiesta e ministro dei lavori pubblici tra 1860 e 1867:

    «Nel 1859, le provincie dell’Italia centrale e superiore possedevano 1256 uffizi postali, ed invece in tutto il regno delle Due Sicilie questi uffizi sommavano a 376 soltanto; nelle provincie subalpine, nelle lombarde e nelle toscane mercè il sussidio delle vie ferrate, lo scambio delle corrispondenze si faceva più volte al giorno, fra tutti i paesi posti lungo le linee ferroviarie, a Napoli il servizio dei sette corrieri che dalla capitale andavano alle provincie, percorrendo le strade cosiddette consolari, aveva luogo soltanto tre volte la settimana»
[5].

    A tal proposito bisogna aggiungere che in tutti i treni c’era sempre un vagone postale che fungeva da ufficio ambulante, con terminologìa perdurata fino ai nostri giorni e, comunque prima ch’entrassero in attività i centri di raccolta automatica. Le stazioni ferroviarie hanno così ereditato il nome delle antiche stazioni di posta.

    Una relazione sulla condizione del servizio postale in Italia e, di concerto, anche nelle terre ch’erano appartenute al regno di Napoli, ci si rende nota per il 1863, dopo che nell’anno decorso era intervenuta un’apposita riforma. Così si faceva presente:

    «Sinora non si potè bene ordinare questo servizio che per 1.422 comuni rurali, coll’opera di 1.202 portalettere. Per le province napoletane e per la Sicilia questo servizio è ancora incompleto, e si stanno studiando i mezzi abbastanza celeri di trasporto»[6].
   
     Proprio in quel 1863 il ministero dei lavori pubblici autorizzava l’apertura di una officina postale anche a Oppido. Ne veniva ad informare il comune il sottoprefetto di Palmi con lettera del 25 aprile. La realtà non si presentava però delle più rosee e in data 26 maggio 1865 si dichiarava non potersi provvedere perché non vi erano state inserite somme all’uopo in bilancio, per cui era giocoforza servirsi delle officine di Palme o di Radicena. Tuttavia, si stabiliva di inoltrare istanza presso la direzione compartimentale al fine di provvedersi speditamente. Il problema si sarà presto risolto se il 23 luglio susseguente il comune nominava un ufficiale postale in persona di Giuseppe Princi con lo stipendio di £ 350 addossandosi anche il carico per il trasporto della corrispondenza. Intanto, in data 3 luglio dell’anno precedente, motivo la destituzione del pedone postale Domenico Cotugno, ci si lamentava di non poter procedere alla sua surroga. N’era causa il rifiuto dei pedoni del paese a impegnarsi in un tal servizio.

    Dopo queste prime notizie dobbiamo scorrere i registri comunali fin quasi alla fine del secolo prima che ne sortiscano di altre. L’8 marzo 1893 l’ispettore centrale delle poste e telegrafi, cav. Dalmati, informava il comune del furto avvenuto nel locale dell’ufficio postale nella notte tra il 4 e il 5, per cui chiedeva l’avvio di lavori utili a prevenire altri eventi del genere. Il 31 maggio 1893 si esaminava la richiesta del titolare postale e telegrafico Giuseppe Chiliberti perché l’ufficio da lui diretto fosse collocato nei bassi della sua abitazione in via Annunziata con pigione a carico del comune. Una tale sistemazione, che avveniva nella casa poi di proprietà della famiglia Zinghinì, ha avuto poca durata perché col 1896 si è provveduto altrimenti. Il Chiliberti, avanti negli anni, è pervenuto a sposare una sua impiegata oriunda di Bagnara, Giordano Giuseppina, che gli è succeduta e ha diretto l’ufficio fino agli anni ’60 del passato secolo. Dopo un periodo, in cui ha tenuto l’ufficio in qualità di reggente, nel febbraio del 1928 n’è stata nominata titolare.

    Dopo aver peregrinato per diversi locali privati, vedi Mittica (via Marconi, ove è rimasto a lungo), Cannatà (Corso Luigi Razza), Frisina (Corso Vittorio Emanuele II), lo Stato, con il solerte impegno del sindaco avv. Giuseppe Mittica, ha provveduto alla costruzione di un apposito edificio per le Posta all’angolo tra le vie Cavour e Mazzini. N’è stata costruttrice la ditta Surace della stessa Oppido e l’inaugurazione è avvenuta nel 1962 alla presenza dell’allora sottosegretario on. Dario Antoniozzi. Nel locale Mittica ha funzionato a lungo anche il servizio telefonico, dopo lo spostamento dato a un privato, Natale, che ha operato a lungo sullo stesso Corso Razza.

  L’8 febbraio 1895 Lando Gaetano perorava l’istituzione di una colletteria postale a Messignadi, paesino che vantava 1300 abitanti, per cui si faceva viva istanza al ministero delle poste e telegrafi. Il pedone, ch’era nominato dal comune di partenza, aveva l’incombenza della raccolta della corrispondenza nei paesi sedi di colletteria. Quest’ultima, ch’era collegata a un ufficio postale, era sede di raccolta della corrispondenza nei piccoli comuni agricoli.

     Il 29 marzo 1906 veniva a sua volta a proporsi, ma invano, l’istituzione di una colletteria a Piminoro, un servizio, si diceva, «reso ormai importantissimo, per la emigrazione in vasta scala, verificatasi in questi ultimi anni». Il 28 luglio del 1908, accusando le regie poste «del modo assolutamente deplorevole», con cui era condotto l’iter, si avvisava che il fattorino Salvatore Albano, pagato dal comune con £ 240 annue, aveva espresso di non potercela più fare a recare la corrispondenza in tanti paesi e che per la fine del mese avrebbe cessato senzaltro dal carico di portare pacchi e corrispondenza a Piminoro. Non era possibile svolgere un lavoro che lo conduceva contemporaneamente a Oppido, Piminoro e Zurgonadio. Se l’ufficio di Oppido distava da Zurgonadio solo un chilometro, Piminoro n’era lontano ben 7 di chilometri, che si svolgevano su una strada «pessima». All’amministrazione comunale perciò non restava che reiterare la richiesta oppure provvedere all’aumento del soldo per il fattorino. Queste le dure premesse al provvedimento: «i cittadini in Piminoro hanno pur essi il diritto sacrosanto, al pari di tutti gli altri cittadini del Regno, di avere il sollecito ricapito della loro corrispondenza, e che lo Stato ha il dovere di trattarli al pari dei cittadini dimoranti in Castellace ed in Messignadi, ove è stato impiantato un ufficio e una colletteria postale, ed ora non si sa comprendere la ragione di tale abbandono».

    A lungo hanno operato nelle diverse Frazioni degli uffici postali che hanno consentito agli abitanti di usufruirne senza doversi spostare dal luogo di residenza, ma procedendo in avanti ogni cosa è mutata. Piano piano ogni agenzia o collettoria che fosse è stata eliminata e ognuno ha dovuto cercare di adattarsi. Se per l’addietro notavi folle di persone in sosta agli uffici del centro, nel prosieguo, date le possibilità offerte a distanza da nuovi enti, ogni cosa è rientrata in un normale alveo. Un particolare di rilievo. A Oppido hanno svolto il loro impegno a lungo due uffici postali con il secondo ubicato a Tresilico, Comune autonomo fino al 1927. Unendo le due Comunità, a Tresilico l’ufficio è rimasto attivo ugualmente fino a pochissimo tempo fa.

Rocco Liberti

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[1] La storia della Posta e del francobollo, www.poste italiane.it.
[2] Oggi il servizio della distribuzione della posta nel nostro territorio è concentrato in un apposito ufficio a Rizziconi, nel cui comune rientra Drosi. Che non sia un retaggio dell’antica Tenenza?
[3] ROCCO LIBERTI, Rizziconi e Drosi, “Quaderni Mamertini” n. 27, Litografia Diaco, Bovalino 2002, p. 29.
[4] BRUNO FERRUCCI, La storia della posta in Calabria, “Calabria Turismo”, IX-1976, n. 30, pp. 41-46.
[5] STEFANO JACINI, L’amministrazione dei lavori pubblici in Italia dal 1860 al 1867, Ministero dei lavori pubblici, E. Botta, Firenze 1867, VII, pp. 14-15.
[6] Annali universali di statistica, economia pubblica, legislazione, storia, viaggi e commercio compilati da Giuseppe Sacchi e da varj economisti italiani; volume CLVIII della Serie Prima, volume decimottavo della Serie Quarta, Apile (sic! Aprile), Maggio e Giugno 1864, Milano, Presso la Società per la pubblicazione degli annali universali delle scienze e dell’industria, 1864, Prima relazione, p. 294.