di Bruno Demasi
Un
fenomeno vergognoso quello delle agromafie nella Piana, strettamente connesso
nella sua complessità con i trusts oscuri che impongono prezzi agli agrumi ridicoli e prezzi al
lavoro (prevalentemente nero) altrettanto scandalosi. Tacciono i pulpiti
dei politici nostrani e regionali,
tacciono i pulpiti di quasi tutte
le organizzazioni sindacali e di tante associazioni, tacciono
più che mai i pulpiti di quasi tutte le chiese della Piana anche in quello che dovrebbe essere l"Anno della Carità". Ne parla però coraggiosamente RADIOVATICANA,
evidentemente “contagiata” dalla chiarezza di Papa Francesco, in questo
servizio che voglio qui riprendere integralmente:
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A quattro anni dalla rivolta dei braccianti
a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro la situazione di sfruttamento dei
migranti occupati nella raccolta
agrumicola non è cambiata. È quanto denunciato
oggi alla Camera dei deputati dall’Associazione Medici per i diritti umani e da
“Sos Rosarno”, che chiedono al governo il potenziamento dei fondi per
l’accoglienza stagionale
Vivono nelle tendopoli installate dal Ministero dell’interno o nei casolari abbandonati, spesso senza acqua ed elettricità.
Vivono nelle tendopoli installate dal Ministero dell’interno o nei casolari abbandonati, spesso senza acqua ed elettricità.
Sono
circa 2.000 i braccianti stranieri impiegati in "nero" per la
raccolta
degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro. Provenienti per lo più
dall’Africa subsahariana, lavorano 8 ore al giorno per una paga di 25 euro. Due
su tre hanno un permesso di soggiorno e quasi uno su due è rifugiato politico.
La stagione agrumicola è ormai alla fine e manca il piano di accoglienza del
governo per l’anno prossimo. Dopo la rivolta di Rosarno nel 2010, in Calabria
le agromafie continuano a sfruttare i migranti e i piccoli agricoltori. Lamine
Bodian, ex bracciante e oggi mediatore culturale dell’associazione “Sos
Rosarno” osserva:"Va di male in peggio, non c’è nessun cambiamento dal
giorno della rivolta fino a oggi. Però, ci sono alcune persone che stanno
cercando un’alternativa per poter uscire da questi disagi. Io faccio parte di
un’associazione che si chiama “Sos Rosarno”: lavoratori e braccianti, ma
anche
i piccoli agricoltori, stanno cercando una strada giusta, perché anche i
piccoli agricoltori possano riuscire a vendere i loro prodotti ad un giusto
prezzo, grazie anche alla collaborazione di gruppi di acquisto solidale sparsi
in Italia".
L’Associazione Medici per i diritti umani, che a Gioia Tauro ha un presidio, ha realizzato un’indagine sullo stato sociosanitario di circa 150 braccianti, riscontrando che la maggior parte delle malattie diagnosticate è legata alle pessime condizioni abitative, igienico-sanitarie e alle durissime condizioni di lavoro. Lavoro che sfrutta e sottopaga i migranti e che invece ingrassa il volume d’affari delle agromafie. Ma quante sono le Rosarno d’Italia? Stefano Masini, responsabile Ambiente, Territorio e Consumi della Coldiretti dichiara:
L’Associazione Medici per i diritti umani, che a Gioia Tauro ha un presidio, ha realizzato un’indagine sullo stato sociosanitario di circa 150 braccianti, riscontrando che la maggior parte delle malattie diagnosticate è legata alle pessime condizioni abitative, igienico-sanitarie e alle durissime condizioni di lavoro. Lavoro che sfrutta e sottopaga i migranti e che invece ingrassa il volume d’affari delle agromafie. Ma quante sono le Rosarno d’Italia? Stefano Masini, responsabile Ambiente, Territorio e Consumi della Coldiretti dichiara:
“ Sono numerose. Il 20% dell’occupazione dell’agricoltura è appunto legato all’impegno dei lavoratori immigrati. Oltre a Gioia Tauro, in Abruzzo gran parte dei pastori impegnati negli allevamenti zootecnici sono macedoni. Lo stesso accade per il Parmigiano Reggiano - prodotto tipico del nostro made in Italy - che è legato all’impegno di lavoratori indiani, uno su tre addetti alle stalle è appunto di nazionalità indiana. Inoltre, negli alpeggi della Val d’Aosta operano circa 300 persone, in prevalenza lavoratori esteri.”
Il volume
d’affari delle agro mafie? Nell’ultimo censimento che Coldiretti
ed Eurispes
hanno realizzato, sono 14 miliardi e mezzo gli euro legati ad attività
tradizionali - in particolare di estorsione - ma anche a investimenti in nuove
attività produttive di reddito e in particolare alla catena alimentare, che
oggi rappresenta un importante segmento, in grado anche di riciclare denaro
sporco.(Radiovaticana, martedi,25
marzo 2014)